Da bambina andavo con nonna Anna da sua cugina Ester. Era una donna minuta, dal viso dolce e lo sguardo vivace. Era vedova e non aveva figli, così era sempre molto contenta delle nostre visite. Durante l’inverno ci accoglieva davanti al camino, invece d’estate nel piccolo cortile.
Io ci andavo molto volentieri e non mi annoiavo mai.
Ricordo ancora la casa, piccola e a perfetta dimensione della proprietaria.
Nonna si portava dietro il lavoro del momento, così mentre chiacchieravano realizzava le sue creazioni. Amava fare l’uncinetto, lavorare a maglia, aveva anche un antico telaio con cui realizzava bellissimi tappeti, ma da Tzia Sterina, la chiamavamo così, realizzava i suoi cestini.
Mi raccontavano che si andava al fiume a raccogliere il giunco, su sessini, che veniva utilizzato, insieme alla rafia, nella creazione dei cesti. Ricordo i fogli a quadretti in cui nonna disegnava lo schema del suo lavoro, ma soprattutto mi è rimasta impressa la calma e la pazienza con cui mi insegnava le varie tecniche, e infatti sono ancora ben impresse nella mia memoria.
A pensarci ora, da bambina passavo davvero tanto tempo a contatto con gli adulti, sarà per questo che ho tanti aneddoti da raccontare.
La mamma e le zie non partecipavano a quei discorsi e se ne stavano tutto il giorno in casa di una sorella a preparare le conserve di pomodori. Stavano tutte e tre in silenzio chine sulla grande vasca tonda dove avevano versato i pomodori. Con un bastone li pigiavano dentro un bacile aperto da un lato e la mamma, la più debole, che di pigiare non aveva la forza, stava accovacciata a raccogliere la polpa in un secchio. Poi, chiacchierando fitto fitto in sardo, procedevano alla sterilizzazione delle bottiglie e alla conservazione.
Milena Agus, Terre promesse (2017)
COLONNA SONORA
Il brano che mi ha accompagnata durante la scrittura è Baiddoi dei Ratapignata