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Santu Bissenti

Su sardu

Su sardu

Una delle prime espressioni che ho imparato in sardo è, probabilmente, s’èca de Santu Bissenti, l’uscio, il luogo antistante il portone della chiesa di San Vincenzo Ferrer, dove nonno Evandro e i suoi amici passavano gran parte del loro tempo libero a chiacchierare.

Un luogo a cui sono affezionata e che è parte integrante dei miei ricordi d’infanzia: tra l’altro, nonno Evandro, abitava molto vicino alla chiesa, così, da piccola, nonna mi mandava spesso a chiamarlo se aveva bisogno che tornasse a casa.

La chiesa, in stile aragonese, è stata costruita ai primi del 1700 ed è consacrata al Santo spagnolo a cui, a Orroli, è dedicata anche la festa che si celebra la quarta domenica di Settembre.

Da bambina la aspettavo con ansia, sia per la presenza delle bancarelle, con dolci e giocattoli, che dei giochi. Adoravo comprare le caramelle gommose, i ceci e i semi di zucca. Tra i giochi, invece, mi piaceva l’autoscontro, mentre la giostra mi spaventava, infatti, non ci sono mai salita.

Mi piaceva anche ascoltare la musica in piazza e guardare chi ballava su ballu sardu, anche se io per timidezza non lo ballavo.

In un palco secondario, situato nei pressi della scuola elementare, si esibivano is cantadoris, poeti improvvisatori in lingua sarda che appassionavano soprattutto il pubblico anziano.
Non capivo come mai tante persone ne fossero così affascinate, io mi soffermavo per pochi attimi ad ascoltarli, ma non capivo cosa dicessero e mi annoiavo a morte.

Anche nonno Evandro amava le feste: mi raccontava che da giovane, quando faceva il pastore e stava a dormire in campagna, tornava in paese per i balli in piazza e poi rientrava in campagna, ovviamente a piedi.

Intanto madre e figlio si preparavano a sciogliere il voto a San Francesco.
La chiesa di San Francesco sorge sulle montagne di Lula. La leggenda la dice edificata da un bandito che, stanco della sua vita errabonda, promise di sottomettersi alla giustizia e di far sorgere la chiesa se veniva assolto.
Ad ogni modo, vera o no la leggenda, i priori, cioè quelli che dirigono la festa, vengono ogni anno sorteggiati fra i discendenti del fondatore o dei fondatori della chiesa. Tutti questi discendenti, che si dicono anche parenti di San Francesco, formano, al tempo della festa e della novena, una specie di comunità, e godono certi privilegi. I Portolu erano nel numero. Pochi giorni prima della partenza, Pietro si recò a San Francesco col suo carro e i suoi buoi, e prestò gratis l’opera sua, assieme con altri contadini e muratori.

Grazia Deledda, Elias Portolu (1900)

COLONNA SONORA
Il brano che mi ha accompagnata durante la scrittura è Feste di piazza di Edoardo Bennato

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