Attenti al cane

Quando penso a nonno Evandro mi tornano alla mente tanti aneddoti che pensavo di aver dimenticato.

Recentemente mi è venuto in mente che da bambina avevo terrore dei cani e nonnino, così lo chiamavo, mi spiegava che non dovevo mostrare loro la mia paura.

Pensando ai consigli di nonno Evandro, mi sono ricordata della volta in cui sono rimasta chiusa in una stanza con un pastore belga.

Avevo circa otto anni, era estate, e io, la mia famiglia e i miei nonni siamo andati a trascorrere un weekend a casa di amici.

Avevano una villetta al mare, a due passi dalla spiaggia: era circondata da un immenso giardino e a fare la guardia c’era lui, Rudy.

Gli amici dei miei genitori lo trattavano come un figlio e non capivano come mai io avessi tanta paura di lui. Nonostante questo si sforzavano di tenerci lontani il più possibile.

Era una calda domenica di luglio e dopo un lungo pranzo, tutti uscirono dalla cucina per stare in giardino, all’ombra degli alti alberi.

Io, sapendo che in giardino mi sarei imbattuta in Rudy, scelsi di restare al fresco in cucina.

Ma anche i padroni di casa ebbero un’idea simile alla mia: per farmi stare tranquilla in giardino decisero di “chiudere il cane in cucina”.

Così, mentre tutti si rilassavano in giardino, io e Rudy ci fissavamo, in religioso silenzio, separati solo da un grosso tavolo, su cui io avevo trovato riparo.

Io, dalla mia postazione, mi guardavo bene dal chiamare qualcuno o semplicemente muovermi, per paura di innervosire il cane. Mentre Rudy, dal lato dell’ingresso, mi osservava incuriosito.

Passò molto tempo, o così almeno mi sembrò, prima che si accorgessero della mia assenza e venissero a cercarmi. E sicuramente la cucina fu l’ultimo posto della casa in cui pensarono di farlo.

Il cane si chiamava Wellington. Apparteneva alla signora Shears, che era nostra amica. Abitava dall’altro lato della strada, due case più in là, sulla sinistra. Wellington era un cane barbone. Non uno di quei barboncini tutti bei pettinati, no, uno di quelli grossi. Aveva il pelo riccio e nero, ma quando lo si guardava da vicino ci si rendeva conto che sotto quella cosa arruffata la pelle era di un colore giallo pallido, come quella di un pollo. Accarezzai Wellington e mi domandai chi l’avesse ucciso, e perché.

Mark Haddon, Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte (2003)

COLONNA SONORA
Il brano che mi ha accompagnata durante la scrittura è Black Dog dei Led Zeppelin

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