Nonna Anna è sempre stata molto attenta a tutto ciò che, secondo lei, poteva portare sfortuna: semplificando si potrebbe dire che era superstiziosa, ma sarebbe riduttivo.
Quando da bambina mi offrivo di aiutarla nelle faccende domestiche, se prendevo la scopa in mano mi diceva sempre, “non passartela sui piedi che non ti sposi.” Lo stesso accadeva se provavo a sedermi ad uno degli angoli del tavolo.
Nonno Evandro non poteva mai posare il cappello sul letto, avrebbe portato malattia o lutto.
Secondo nonna, in alcuni giorni della settimana bisognava evitare spese e partenze e più in generale bisognava evitare di intraprendere qualcosa di nuovo.
Su lunis est fuidòri, diceva sempre.
Pagare una bolletta di lunedì, per esempio, avrebbe fatto sopraggiungere altre spese impreviste.
Màrtis in tèrra niedha da spacist
Secondo nonna Anna, indossare un abito di martedì avrebbe portato alla alla morte.
Lo stesso si diceva per il venerdì.
Ricordo vagamente che nonna utilizzava un’espressione simile anche per il giovedì, quindi, rispettando i suoi dettami, saremmo stati tutti condannati all’immobilismo.
Da bambina non capivo bene cosa significassero tutti questi precetti, ma cercavo di tenerli a mente per tenermi al riparo dalla sfortuna.
A tavola non potevamo mai essere tredici, quindi gli inviti a pranzo o a cena erano sempre ben ponderati. Ovviamente non si poteva passare sotto le scale o far cadere il sale a tavola.
Anche per posizionare un tavolo in una stanza occorreva fare attenzione: mai metterlo verticale in corrispondenza di una porta. No gittada, porta sfortuna, ripeteva sempre.
Diventando grande mi sono resa conto che erano veramente tante le cose a cui nonna doveva prestare attenzione per scongiurare la mala sorte. Ma l’attenzione non era limitata alle cose che “portano sfortuna” secondo il senso comune, si spingeva molto oltre.
Limitava al massimo le occasioni di svago e divertimento, perché il benessere, la spensieratezza, avrebbero portato, come rovescio della medaglia, altrettanti eventi avversi.
Crescendo, nel mio piccolo, ho cercato di analizzare le cause che possono aver spinto nonna a questa estremizzazione della superstizione e indagando sulle vicende familiari ho scoperto una storia quantomeno singolare.
La nonna di nonna Anna, da giovane, incontrò nella soffitta di casa un personaggio che al giorno d’oggi potremmo definire “magico”.
Le diede delle indicazioni per trovare un tesoro, su scussórgiu, ma lei si spaventò e non le seguì.
Per questo fu maledetta e la sua famiglia sarebbe stata sfortunata fino alla quarta generazione successiva… cioè fino a me.
La nonna di nonna Anna si pentì subito della sua decisione, provò anche a rimediare ma ormai era troppo tardi.
Visse tutta la vita nel rimpianto e condizionò talmente la sua famiglia da convincere figli e nipoti, nonna Anna sicuramente, di essere perseguitati dalla sfortuna e di conseguenza di non meritare la felicità.
Tzia Cosima, voi sapete dell’oro di Giona Porcu. Lo conserva in quattro bauli, in quella stanza senza finestre. Ogni notte si rinchiude dentro, conta le monete e beve bicchieri di acquavite. Dopo un po’ non riesce più a contare, e canta a voce alta. Quel conto ogni giorno ricomincia, e non finisce mai. Si addormenta sull’oro e russa. Nessun altro può aprire quella porta: l’unica chiave la tiene lui stesso legata ai pantaloni… Stanotte non riuscivo a dormire,,, Il campanile ha suonato le due… Le fascine trascinate dal vento sbattevano sul muro del cortile e sulla mia finestra, e mi parevano anime di donne morte che sbattevano dappertutto senza trovare la strada. Era buio, dentro casa. E sento un rumore come di un bastone che picchia sul muro, alle mie spalle. Mi sollevo dal letto, spaventata. Socchiudo la porta e guardo fuori. Una luce, piccola come una mosca, viene dall’andito. La seguo. Non è una mosca, è un barlume di candele accese, viene dalla porta di Giona Porcu, socchiusa…
Sergio Atzeni, Araj dimoniu (1996)
COLONNA SONORA
Il brano che mi ha accompagnata durante la scrittura è Superstition di Stevie Wonder