Ho sempre parlato di nonno Evandro, il mio nonnino dal cuore buono e dallo sguardo gentile, ma chi mi conosce bene sa che anche l’altro nonno, quello paterno, si chiamava Evandro.
Sin da piccola ho sempre detto a mio fratello che siamo stati fortunati, lui un po’ più di me, ad avere due genitori poco tradizionalisti, che hanno scelto di non dare ai figli il nome dei nonni.
Lui non avrebbe avuto scampo, si sarebbe chiamato Evandro.
Io avrei avuto almeno il cinquanta per cento di possibilità di non chiamarmi Gelasia.
Sin da piccola, ho sempre avuto la consapevolezza del rischio che avevamo corso io e mio fratello. Soprattutto dopo che è nata mia sorella, a cui è stato dato il nome del mio bisnonno paterno.
Questa corrispondenza è stata, probabilmente, una coincidenza. Ma ciò non toglie che la scelta dei nostri genitori mi abbia fatto sentire amata e fortunata allo stesso tempo.
Anche perché mi sarei potuta chiamare Anna, è vero, ma l’altro cinquanta per cento ha sempre pesato come un macigno.
Mia nonna Gelasia mi ha sempre raccontato, lamentandosene un po’, di chiamarsi come una sfollata che durante la prima guerra mondiale ha abitato a Orroli. Era risultata particolarmente simpatica alla mia bisnonna, tanto che scelse quel nome singolare per sua figlia.
Non conosco la ragione che spinse i miei bisnonni a chiamare i loro figli Evandro, a due anni di distanza gli uni dagli altri, credo comunque che ne ignorassero il significato.
Evandro, figlio di Ermete e Carmenta, aveva lasciato l’Arcadia, una regione dell’antica Grecia, nel Peloponneso, per stabilirsi in Italia sul colle Palatino. Fondò un’altra Pallantio e regnò con bontà introducendo nel Lazio la scrittura, la musica e il culto degli dei.
Gelasio era membro del clero romano e fu eletto Papa nel 492. Era inflessibile e coerente e per questo amato e rispettato dal popolo cristiano.
Solo diventando grande ho scoperto che i miei nonni avevano nomi importanti, appartenuti a personaggi che si erano distinti per bontà e rettitudine. Nonostante ciò sono grata di non non aver ereditato i loro nomi.
È di qui lunge
non molto Evandro, un re che de l’Arcadia
è qua venuto; e sopra a questi monti
ha degli Arcadi suoi locato il seggio.
Il loco, da Pallante suo bisavo,
è stato Pallantèo da lui nomato:
ed essi, perché son nel Lazio esterni,
son nemici a’ Latini, ed han con loro
perpetua guerra. A te fa di mestiero
con lor confederarti, e per compagni
a questa impresa avergli.
Publio Virgilio Marone, Eneide (29 – 19 a. C.)
COLONNA SONORA
Il brano che mi ha accompagnata durante la scrittura è La redécouverte di Yann Tiersen