Il Gigante Rosso

Se penso a uno dei primi ricordi che ho del Nuraghe Arrubiu, Su Nuraxi Arrubiu, il Gigante Rosso, mi viene in mente il giorno in cui, con la classe, ci portarono nella struttura attigua alla scuola e che oggi ospita il poliambulatorio del paese.

Apparentemente non sembra esserci un nesso tra uno dei nuraghi più grandi e belli della Sardegna e un’anonima struttura degli anni ottanta diventata, dopo anni di inutilizzo, un ambulatorio polispecialistico.

Ero alle scuole elementari, non ricordo bene in quale classe, e a Orroli, proprio in quell’edificio, avevano allestito una mostra sul Nuraghe Arrubiu.

Risalgono a quegli anni, tra il 1981 e il 1991, infatti, le campagne di scavo che ci hanno restituito il Nuraghe Arrubiu così come lo conosciamo oggi.

Più o meno contemporaneamente, venne censita, tra Orroli e Nurri, una notevole concentrazione di insediamenti riferibili al Neolitico Recente e Finale.

Da qui l’idea della mostra, per far conoscere agli orrolesi ciò che era rimasto nascosto così a lungo.

Andai a visitare la mostra anche con i miei genitori. Mi ricordo vagamente l’allestimento e ciò che vidi, ma ho ben impressa la sensazione che provai: entusiasmo ed euforia. Mi sentivo come all’interno di un laboratorio, un luogo in cui si scoprivano le cose.

A pensarci ora, ero semplicemente in un luogo in cui si mettevano in connessione un passato lontanissimo e il futuro.

Il Nuraghe Arrubiu è rimasto sconosciuto fino agli anni Trenta e inesplorato fino agli anni Cinquanta.

L’area archeologica sorge al centro dell’altopiano basaltico di Pranu de muru, in località Su pranu.

Il complesso archeologico si estende per circa cinquemila metri quadri ed è costituito da una torre centrale, detta mastio, alta circa 15 metri.

Il mastio è circondato da un bastione formato da cinque torri (pentalobato), collegate tra loro da cortine murarie con un cortile al centro. Questa parte è a sua volta circondata da una struttura muraria difensiva con sette torri.

Alla sua maestosità e al colore dei licheni che ne ricoprono i muri si deve l’appellativo di Gigante Rosso.

Guardò le torri campanarie ottagonali che chiudevano la facciata principale sui due lati: alte, sottili e leggere, a tre corpi, ognuno più stretto man mano che si innalzavano verso il cielo; aperte ai quattro venti grazie a finestre ogivali; circondate da una ringhiera a ogni livello e culminanti in una terrazza. Durante la costruzione avevano detto ad Arnau che sarebbero state semplici, essenziali, senza guglie né capitelli, naturali come il mare, la cui patrona proteggevano… ma imponenti e meravigliose, pensò Arnau nel contemplarle, proprio come il mare.

Ildefonso Falcones, La cattedrale del mare (2006)

COLONNA SONORA
Il brano che mi ha accompagnata durante la scrittura è Red House di Jimi Hendrix

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