D’estate, quando ero bambina, i miei genitori avevano l’abitudine di portarci a mangiare il gelato al bar – ristorante Su bandidu, sul lago Mulargia.
Ricordo che nel pomeriggio ci preparavamo, salivamo in macchina e facevamo circa 10 km in direzione Escalaplano, prima di arrivare a destinazione.
La struttura, di medie dimensioni, che esternamente ricordava una villa costruita su due livelli, ospitava il bar, la sala ampia del ristorante, la cucina, qualche camera al piano di sopra, e all’esterno un cortile ampio, immerso nel verde di Monte su Rei con vista sul lago Mulargia.
Un luogo tranquillo e suggestivo dove i miei genitori incontravano gli amici e io, mio fratello e mia sorella mangiavamo il gelato e giocavamo in libertà.
Oltre ai gelati, rigorosamente Algida, la mia passione erano i ceci secchi e i semi di zucca che il dispenser anni ottanta distribuiva alla modica cifra di cento lire.
Abbiamo frequentato abitualmente Su bandidu dall’infanzia all’adolescenza, ci andavamo anche il sabato sera a mangiare la pizza.
Crescendo ci sono andata saltuariamente, a cenare con gli amici o quando organizzavano la discoteca all’aperto.
Era anche una location molto gettonata per eventi, soprattutto matrimoni.
È stato chiuso definitivamente, dopo una serie di cambi gestione, intorno al 2000, non ricordo precisamente quando.
Il lago Mulargia ha sempre fatto parte della mia vita, ma solo come ambientazione suggestiva che faceva da cornice ai momenti speciali. Quasi una cartolina più che un luogo reale. L’ho sempre guardato con stupore, ma anche con sospetto e timore: era meraviglioso, ma solo se osservato da lontano. Finché non sono diventata adulta, infatti, non ho mai fatto il bagno al lago. A nessuno di noi era mai venuto il desiderio o anche solo l’idea che potesse essere una cosa fattibile. Le nuotate si facevano al mare.
Questo probabilmente perché il lago Mulargia è un lago recente: un lago artificiale, risalente alla fine degli anni 50 del secolo scorso.
Ricordo che quando da bambina ho scoperto che non si trattava di un lago naturale non ci potevo credere. Per me era contro natura anche solo pensare che un lago potesse essere costruito dall’uomo.
Negli anni 80, nei periodi di grossa siccità, le terre che il lago aveva strappato ai legittimi proprietari, e che riemergevano a causa delle scarse piogge, venivano ancora coltivate. A dimostrazione che a distanza di vent’anni anche i miei compaesani, probabilmente, concepivano il Mulargia quasi come un concetto astratto.
Per questo motivo è stato anche teatro di tragedie e solo ora, grazie alla costituzione di un’associazione dedicata alla promozione delle attività ludico – sportive, ci si sta aprendo alla possibilità che diventi un luogo di attrazione turistica e di promozione del territorio.
Quel ramo de lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda ricomincia, per ripigliar poi il nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni.
Alessandro Manzoni, I promessi sposi (1827)
COLONNA SONORA
Il brano che mi ha accompagnata durante la scrittura è I giochi del vento sul lago salato di Mango
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