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Anniversario

ANNIVERSARIO

ANNIVERSARIO

È passato ormai un anno dalla morte di nonno Evandro ma non è passato giorno senza che un’espressione, un’avvenimento, una persona mi facessero pensare a lui.

È successo tutto esattamente un anno fa. Ricordo perfettamente cosa stavo facendo: stavo raggiungendo un’amica al mare. Era metà mattina ed ero in macchina quando ho sentito squillare il telefono. Non ho risposto e ho aspettato di arrivare a destinazione per richiamare.

Avevo appena parcheggiato quando mi ha chiamato mia sorella, dando un senso anche alla telefonata precedente.

Nonno era uscito per andare a fare la spesa ed entrando in negozio è caduto.
Dopo i primi accertamenti sul luogo, l’ambulanza l’ha portato all’ospedale più vicino, Isili. Vista l’età la più grande paura era che si fosse fratturato il femore.

In ospedale ha accertato la frattura dell’omero:avrebbe dovuto portare un tutore per circa un mese.

A quel punto ha salutato medici e infermieri, li ha invitati ai festeggiamenti per i suoi cento anni, che si sarebbero svolti meno di un mese dopo, ed è tornato a casa con i figli.

L’ho sentito per telefono, gli ho detto che sarei andata a trovarlo il giorno dopo e mi sono tranquillizzata.

Il caso ha voluto che quella sera a Cagliari, alla ex Manifattura Tabacchi, dovessero proiettare il cortometraggio a cui aveva partecipato l’anno prima, ma non ci sono andata perché avevo un altro impegno.

L’indomani sono arrivata da nonno all’ora di pranzo. Sono partita lasciando a casa la tranquillità del giorno prima, ma quando l’ho visto mi sono rasserenata nuovamente. Tant’è che la sera l’ho salutato dicendogli che ci saremo visti il giorno dopo.

Fino all’ultimo non ho mai pensato che potesse morire. In famiglia l’abbiamo sempre vissuto come se dovesse vivere in eterno.

A distanza di un anno ho realizzato che per tutta la mia vita è stato ossigeno puro, pura vita e per questo semplicemente non poteva morire. La mia mente non lo contemplava.

Lui stesso, probabilmente, non riusciva a considerare la morte come un’opzione praticabile. Non che non la considerasse vicina, ma forse ha cercato di allontanare l’idea fino all’ultimo.

Qualche ora prima di morire ha scelto consapevolmente di andare in ospedale per concedersi un’ultima possibilità e durante il viaggio di andata ha invitato i paramedici dell’ambulanza al suo centesimo compleanno.

Ha tenuto duro finché è riuscito a tornare a casa e solo li ha esalato il suo ultimo respiro, circondato dalle persone che amava e che tanto lo amavano.

Ancora oggi ci sono persone che mi raccontano aneddoti sulla sua giovinezza e anche sul suo modo di essere al di fuori della famiglia, con gli amici e i conoscenti. In questi momenti sento la sua energia vitale.

Quella stessa energia di quando, da ragazzo, si metteva la brillantina Linetti al rientro dalla campagna per andare a incontrare mia nonna, sa filla de Nicollu Orrù, come diceva lui a sua mamma.

L’energia grazie alla quale usciva per le feste, dove stava fino all’alba, e che gli consentiva di rientrare in campagna con ancora indosso gli abiti buoni. Aveva gli abiti da lavoro nella bisaccia, gentilmente offerta da sua mamma che lo aspettava sveglia e lo minacciava col manico della scopa per farlo correre al lavoro.

Quella vitalità che non gli ha fatto perdere il sorriso nonostante le sofferenze che la vita gli ha riservato e che ha preservato il suo carattere.

Aveva il cuore buono e lo sguardo gentile, era vivace, curioso e con la battuta sempre pronta.
Queste le sue principali qualità che lo hanno reso speciale e amato da tutti.

Potrei presentarmi in modo appropriato, certo, ma non mi pare necessario. Potrai conoscermi abbastanza bene e piuttosto in fretta, dipende da alcune variabili. Ti basti sapere che a un certo punto sarò lì di fronte a te, più cordiale che potrò. Ti terrò l’anima in pugno, un colore farà capolino dalla mia spalla, e ti porterò via con me, con dolcezza.

Markus Zusak, Storia di una ladra di libri (2005)

Il brano che mi ha accompagnata durante la scrittura è Somewhere Over The Rainbow di Israel Kaʻanoʻi Kamakawiwo’ole

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