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Legami

Cinquantatreesimo articolo_NANNAI_BLOG_LEGAMI

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Mi capita spesso di imbattermi in discussioni in cui si parla di famiglia e purtroppo noto con rammarico che l’opinione comune individua quali componenti di un nucleo familiare le persone che sono accomunate dallo stesso sangue.

Essendo cresciuta in un paese della Sardegna ho maturato sin da bambina l’idea che il nucleo familiare fosse ben più esteso.

In realtà né durante l’infanzia né diventando grande mi sono posta il problema, semplicemente perché non mi importava che le persone che chiamavo tzia e tziu non condividessero con me lo stesso patrimonio genetico.

Nell’età adulta questo problema me lo sono posto ancora meno. La verità è che, nel corso della vita, incontriamo persone che riconosciamo e scegliamo, con cui instauriamo legami forti e profondi che non sono meno importanti solo perché non riguardano la parentela, così come le convenzioni la intendono.

Da quando ho iniziato a scrivere, la famiglia in cui sono nata è stata, direttamente o indirettamente, al centro dei miei racconti. Invece, ho sempre avuto molto pudore a parlare delle persone che sono entrate a far parte della mia vita successivamente, diventando una parte importante della cerchia di persone che mi piace chiamare famiglia.

Nonostante siano passati otto anni dalla sua prematura scomparsa, a Virginia spetta ancora il primato relativo alla parentela svincolata dal legame naturale.

La vita ci ha separate troppo presto, ci conoscevamo da sei anni, ma era come se ci conoscessimo da sempre. Appena incontrate ci siamo riconosciute e da quel momento siamo diventate inseparabili. Ci capivamo con uno sguardo e ci volevamo bene come accade spontaneamente tra i membri di una famiglia.

Faccio fatica a parlarne di lei al passato, perché continuo a sentirla vicina a me, anche se non è fisicamente presente. Perché i legami forti resistono, anche alla distanza e alla separazione, anche alla morte.

Ho ancora l’impressione di incrociare la sua macchina che sfreccia sulla Strada Statale 131, perché andava sempre di fretta ed era spesso in ritardo. Nonostante avesse cambiato macchina continuo ad associarla alla sua seicento rossa, perché rispecchiava il suo carattere ed era quasi un’estensione della sua persona.

In quella macchina c’era di tutto: cibo, perché tra un lavoro e l’altro pranzava in auto; giochi di società per bambini, perché non si sa mai; un paio di scarpe e una giacca, perché possono sempre servire; e moltissimo altro.

Ci siamo conosciute grazie alla nostra passione comune per la clownterapia: eravamo due clownesse goffe, impacciate, ribelli e combina guai. Insieme ci divertivamo tantissimo.

La sua bontà d’animo la rendeva pronta a spendersi per chiunque fosse in difficoltà. Aveva l’argento vivo addosso, era spumeggiante e instancabile e viveva per il suo lavoro di educatrice e per i suoi ragazzi.

La sua passione sfrenata per lo shopping non le consentiva di passare vicino ad un negozio senza acquistare una borsa o un paio di scarpe, spesso entrambe.

Se dovessi descriverla a chi non ha avuto la fortuna di conoscerla direi che era disponibile e comprensiva, semplice, raffinata ed elegante, simpatica e divertente. Era semplicemente meravigliosa. È andata via da questo mondo senza fare rumore, lasciando un vuoto incolmabile.

Quando muore una persona a cui vuoi bene, non c’è nessuna consolazione nel pensare al tempo della resurrezione, sperando che qualcuno ci liberi dalle tenebre eterne. Le tenebre siamo noi, chi se ne frega di quel che sarà dopo, abbiamo bisogno di aiuto qui e adesso, per chi resta.

Chiara Tagliaferri, Strega comanda colore

Il brano che mi ha accompagnata durante la scrittura è Angelo di Francesco Renga

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