Casteddu

Sabato il Cagliari ha giocato una partita decisiva per il suo possibile ritorno in serie A e il mio pensiero è andato a nonno Evandro.

Non sono appassionata di calcio, ma le partite del Cagliari sono entrate a far parte di una tradizione familiare legata proprio a lui. Erano diventate un’occasione per stare insieme a nonno e per condividere con lui momenti speciali. Le aspettavo, curiosa di osservare le sue reazioni. Nonno guardava tutte le partite con l’entusiasmo di un ragazzino. Finché il Cagliari giocava bene si limitava a battere le mani e a nominare i vari giocatori con tono un po’ canzonatorio; ma dal momento in cui il Cagliari subiva il primo gol si alzava in piedi, pronto ad andare via, ovunque si trovasse. Quando guardava la partita al centro anziani Giovanni Frau, il “clebbe” diceva lui, gli amici erano soliti rimproverarlo bonariamente, chiedendogli di contenersi. È sempre stato un tifoso appassionato ma inclemente.

Il 30 aprile 2016 è andato allo stadio per la prima volta: è passato a casa da me, ha indossato la sciarpa da tifoso e col sorriso soddisfatto è andato allo stadio con mio fratello Paolo e mio marito Andrea. Anche allora il Cagliari giocava in serie B. Era retrocesso l’anno precedente e affrontava le partite decisive per un’eventuale ritorno in serie A. Quel giorno Joao Pedro, il preferito di nonno Evandro, ha segnato il secondo gol, un rigore, portando la squadra sul 2-0. Ma come succede molto spesso ai rossoblù, dopo meno di dieci minuti, ne hanno subito ben due dalla squadra avversaria, chiudendo la partita in pareggio.

Essendo allo stadio, nonno non poteva né stare in piedi né tantomeno andarsene. Ha guardato tutta la partita, aspettando con ansia la fine, per paura che la sua squadra subisse altri gol. Credo che quella sia stata l’unica volta in cui, di fronte a un pareggio o a una sconfitta, ha guardato la partita fino alla fine, senza andare via.

Debuttavo in serie B, avevo diciott’anni e una gran voglia di giocare ma l’allenatore, Silvestri, mi teneva fuori. Io non ero contento, diciamo che mordevo il freno ma sentivo che sarebbe venuto presto il mio momento […] Ma il ricordo più bello di quell’anno é che toccò a me segnare a Udine, di testa, il gol della prima, storica promozione del Cagliari in A. In aereo, tornando, mi dissi che forse – il forse è sempre stato più forte di me, anche nei momenti più belli – per la prima volta in vita mia ero davvero felice.

Gigi Riva con Gigi Garanzini, Mi chiamavano rombo di tuono (2022)

COLONNA SONORA
Il brano che mi ha accompagnata durante la scrittura è La leva calcistica della classe ’68 di Francesco De Gregori

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